Se c’è una cosa che mi ha insegnato tutta questa storia di Renatino è che forse è vero quello che diceva Todd, il malvagio vegano di quel capolavoro vero che è “Scott Pilgrim vs The World”: “al Marketing di Parmigiano Reggiano usano solo il 10% del proprio cervello, perché il restante 90% è pieno di cagliata e siero”...
Non mi riferisco allo spot mal riuscito (diciamo così) di cui tutti da giorni continuano a discutere, ma a quell’operazione di storytelling clamoroso del mediometraggio da 25 minuti in 4 puntate dal titolo “Gli Amigos” (diretto, scritto e sceneggiato da Paolo Genovese), da cui è stato estrapolato lo spot incriminato: altro che 30 secondi di Renatino, felice schiavo del padrone!
Potenzialmente, il racconto dei valori della marca, del territorio, della passione e delle persone dietro alla produzione di un’eccellenza italiana, sarebbe potuto essere un ottimo spunto, se sviluppato con originalità e creatività.
Mi chiedo se a qualcuno, durante tutto il processo creativo, non sia venuto neanche per un momento un piccolo dubbio su tutti quei fastidiosi e imbarazzanti cliché, luoghi comuni e figure stereotipate presenti nell’opera di Genovese: Sweet Home Alabama come originalissimo tema musicale iniziale del racconto on-the-road, la ragazza marocchina (anche se dall’aspetto più afro-caraibico, ma comunque sempre con la pelle scura) che ovviamente lavora dal kebabbaro, l’iconico furgoncino neo-hippy, la visione medio-borghese del divertimento e del tempo libero (andare al mare, a Parigi, a sciare…), ecc. ecc. ecc…
Fare polemica su quei 30 secondi di spot per accusare il Consorzio Parmigiano Reggiano di sfruttare i propri collaboratori come schiavi, mi sembra, come dire… una cagata pazzesca? (Tanto per rimanere nel campo delle citazioni cinematografiche).
Molto probabilmente l’obiettivo di chi monta di volta in volta l’hype socialmediatico attorno al caso di comunicazione infelice del momento (mi viene in mente, ad esempio, anche il recente caso delle didascalie “fasciste” sul packaging della pasta La Molisana), è sempre quello di generare una quantità enorme di traffico e interazioni: la colonna portante di ogni buona colazione social!
In tutti questi giorni ho letto circa un miliardo di considerazioni di socialmediamarketer illuminati che mi hanno sapientemente illustrato le varie ricadute negative di questo pasticcio comunicativo sulla brand reputation di Parmigiano Reggiano.
Dal punto di vista che più mi interessa e appassiona, cioè quello della progettazione strategica e creativa dei contenuti della comunicazione, penso però che i responsabili di quell’operazione (il cui obiettivo non mi è ancora del tutto chiaro, guardando il risultato finale), debbano più che altro rendere conto ai vari stakeholder interni al Consorzio per aver sprecato un’occasione e impiegato secondo me molto male le risorse.
... E magari, la prossima volta, prendere in considerazione il veganismo per sfruttare anche il restante 90% delle proprie capacità intellettuali e creative.
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