Parafrasando Battiato, non è certamente colpa di Netflix se "esiste l'imbecillità" e le piattaforme “sono piene di scemi che si muovono”. E a giudicare dalle oltre 600 mila firme raccolte da change.org per chiedere al colosso dello streaming video di rimuovere il film Cuties dalla propria offerta, mi sembra che le parole di quella canzone, nonostante i 40 anni esatti di età, siano ancora di estrema attualità.
Riassumo la vicenda in poche parole: Mignonnes (titolo originale di “Cuties”), film indipendente della regista franco-senegalese Maïmouna Doucouré, premiato per la regia al Sundance 2020, viene acquistato da Netflix e distribuito sulla piattaforma di streaming dai primi di settembre. Quasi sicuramente noi utenti medi di Netflix avremmo ignorato l’esistenza di questo titolo, perso tra le tante produzioni indie del catalogo, quasi sempre schifate dall’algoritmo che ci mette invece in vetrina solo i Top 10, i “titoli del momento” e i “più popolari su Netflix”.
Probabilmente è stato anche questo uno dei motivi che ha spinto quelli del marketing del brand californiano a sostituire il visual della locandina originale francese con un frame del film che isola le giovani protagoniste in pose ammiccanti da proto-twerking, producendo un capolavoro di poster promozionale in uno stile da dance-movie tipo "Step-Up", che non c’entra nulla con il film in questione.
Tutti sappiamo quanto sia sbagliato giudicare un libro dalla copertina, ma anche quanto sia facile farlo, nel periodo triste in cui viviamo. E puntualmente il film è stato giudicato dalla locandina, innescando un enorme insensato tam-tam al grido di “Netflix produce pedopornografia”, accompagnato dall’immancabile hashtag che chiamava all’azione: #cancelNetflix.
È sufficiente, non dico capire, ma semplicemente guardarlo fino alla bella scena finale, per rendersi conto che il film non incita in nessun modo alla pedofilia. Semmai, a guardar bene, Mignonnes potrebbe essere considerato addirittura moralista nei confronti dell’eccessiva sessualizzazione della società occidentale contemporanea.
Mignonnes non è un film che mi sia particolarmente piaciuto, ma questo dipende ovviamente dal mio gusto personale e dal genere di film che mi piace vedere: alla fine l’ho guardato, come avranno fatto tanti altri utenti di Netflix, più che altro in risposta a tutto questo fastidioso rumore scatenato intorno al film, o meglio alla sua copertina.
L’aspetto più desolante di tutta questa inutile vicenda è l’ennesima constatazione del tristissimo scenario in cui siamo immersi, caratterizzato da un’informazione sempre più polarizzata (“o con me o contro di me”), da inerzia culturale, difficoltà di apprendimento, mancanza di approfondimento... e soprattutto da un’infinità di stronzi che, più o meno consciamente, sfruttano la situazione, alimentando e favorendo in questo modo lo scenario stesso, che li premia e incentiva in un circolo vizioso da cui non mi sembra di intravedere al momento una via d’uscita (o almeno l'intenzione di uscirne).
Mignonnes solleva, anche se in modo meno diretto, le stesse inquietanti critiche verso alcuni temi denunciati pure dall’altro film di cui si è parlato tanto nell’ultimo mese: The Social Dilemma. La dipendenza dalla tecnologia da parte degli adolescenti alla continua ricerca tossica di visibilità e popolarità ad ogni costo, ad esempio, è uno di quei temi. Inoltre, tutto l’inutile polverone scatenato dalle critiche infondate a Cuties, conferma quanto sia facile oggi strumentalizzare un non-fatto per ottenere consensi: altro capitolo narrato da The Social Dilemma.
Secondo la mia modesta opinione, un buon primo passo per disinnescare questi pericolosi meccanismi, potrebbe consistere nello sforzarci di leggere e guardare tanto e bene, considerare altri punti di vista, approfondire gli argomenti, imparare ad ascoltare veramente e, come dicevano i Public Enemy più di trent'anni fa, "Don't Believe the Hype"...
Comments