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45&Fat / Il mixtape

Aggiornamento: 25 mar 2020


LATO A / IL MIXTAPE COME OPERA D'ARTE

Tempo fa una compagna di mia figlia di 8 anni, vedendo il giradischi in azione nel nostro salotto, non riusciva a capire come la musica contenuta in quello strano disco rotante, potesse uscire dalle casse dell’impianto stereo. Penso che fosse la prima volta che vedesse un 33 giri.

Mentre i dischi in vinile sono resuscitati commercialmente ormai da qualche tempo, l’altro celebre supporto analogico, l’audiocassetta, si può dire che sia giustamente morto e sepolto per sempre, con l’eccezione di qualche produzione indipendente malata, della colonna sonora di Guardiani della Galassia e Stranger Things o del boxset di Tiziano Ferro.

Diciamo la verità, ascoltare una cassetta audio era nella maggior parte dei casi un’esperienza qualitativamente triste: era lo-fi, ma non quel lo-fi voluto e un po’ snob del Beck o dei Pavement degli anni ’90. Era dettato dal bias del supporto analogico e dalla registrazione “artigianale”.

La vera innovazione è stato l’ascolto portatile. Nel linguaggio contemporaneo l’ascolto di un’audiocassetta potrebbe dirsi condiviso, social (molto spesso tamarro) grazie ai ghettoblaster. Volendo scomodare McLuhan, il medium si differenziava dalla radio e si faceva più caldo e intimo grazie ai primi Walkman. Si dice che la Sony, con il walkman, abbia cambiato il modo di fruire la musica; per quanto mi riguarda, invece, la vera rivoluzione fu proprio il commercio delle audiocassette registrabili e delle piastre di registrazione che portarono allo sviluppo di una delle forme d’arte più interessanti ancora oggi viva e vegeta (almeno nella sua idea concettuale): il mixtape.

Omaggio alla grafica delle audiocassette (1)

Personale omaggio alla grafica delle audiocassette (1)

Anche se l’inutile supporto fisico, come detto, sembrerebbe ormai praticamente estinto commercialmente, l’idea della cassettina si è spostata sulle playlist digitali.

mix tape: l’arte della cultura delle audiocassette” (pubblicato in Italia nel 2008 dalla casa editrice fondata da Massimo Coppola) è il primo libro che ho letto che analizza il fenomeno unico e irripetibile delle compilation su cassetta. Come racconta Thurston Moore nell’introduzione, l’industria discografica si aspettava che gli utenti acquistassero le cassette originali degli album (e di certo fu anche così), ma “ehi! perché non comprare cassette vergini e registrare singoli brani dai dischi?”. Ecco cosa fecero tutti quelli che si erano muniti di walkman negli anni ’80.

Oggi la tecnologia ci abitua a dare per scontate una serie di cose, come ad esempio il facile accesso alle peggiori cagate musicali all-over-the-world. Alla fine del secolo scorso, quando ho iniziato a raccogliere materiale per il progetto della “radio digitale personale” oggetto della mia tesi di laurea di disegno industriale, l’idea dell’iPod non era ancora nella mente di Steve Jobs, la Apple non aveva ancora acquistato il software sorgente che diventerà poi iTunes e la gente comune non aveva idea di cosa fosse un file in formato .mp3, forse neanche Sean Parker, fondatore di Napster.

Nei primi anni ’80 lo scenario tutto analogico era ancora più preistorico. Chi poteva permetterselo, poteva assemblarsi un impianto hi-fi domestico di un certo livello comprendente amplificatore, pre-amplificatore, equalizzatore, giradischi, sintonizzatore radio, piastra di registrazione a doppia cassetta e ovviamente diffusori tweeter, woofer e subwoofer. Per i comuni mortali non era molto facile fare una copia o registrare una cassetta con una qualità audio eccellente; però le compilation e i mix su cassette, per selezione di brani e layout grafico, erano delle opere d’arte uniche e straordinarie.

Altro omaggio “posterizzato” alla grafica delle audiocassette (2)

Non scorderò mai la cassetta master di proto-heavymetal seminale compilata dall’amico del fratello maggiore di un mio amico (chiamato simpaticamente il Negro), finita finalmente nelle mie mani come chiusura dell’ultimo anello di una rigorosa catena gerarchica.

Ho raccolto in una playlist su Spotify alcune tracce dei gruppi presenti nei due lati di quella strepitosa SONY UCX 90 Chrome High Bias compilata dal Texano di via Gemona (così era conosciuto l’autore). Tra questi spiccavano: Iron Maiden, Motorhead, Krokus, Black Sabbath, Judas Priest, Dio, AC/DC, Van Halen, Whitesnake, Scorpions, Saxon, Alice Cooper… Purtroppo la sequenza musicale esatta è andata persa per sempre.

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