Il fatto che LIDL, la nota catena tedesca di supermercati discount, abbia prodotto un proprio album musicale consistente in una ventina di tracce audio di suoni del supermercato e lo abbia distribuito su Spotify, mi lascia più o meno indifferente.
O al massimo mi fa dire: bella cazzata.
Molto meno indifferente mi lascia però la maggior parte delle parole spese per raccontare e spiegare a noi comuni mortali che non capiamo niente di marketing, l’ennesima “geniale trovata di marketing”.
LIDL & Spotify: la notizia.
Quasi due anni fa, LIDL Svezia decide, non si sa bene per quale motivo, di registrare i suoni più comuni che ognuno di noi può ascoltare all’interno di un qualsiasi supermercato, dal bip dei prodotti che passano sotto i lettori ottici delle casse, allo sfrigolio dei sacchetti di plastica, passando per gli annunci in svedese e il rumore dei carrelli della spesa (una traccia per il carrello che va da destra a sinistra e una per il carrello in senso contrario).
Le 21 tracce vengono raccolte in un album dal titolo “Allt annat är olidligt” (più o meno “Tutto il resto è insopportabile/straziante”), che viene pubblicato su Spotify ma che, come si dice a Oxford, nessuno si caga neanche di striscio… fino a quando, nel dicembre 2020, l’album inizia a generare ascolti e condivisioni.
Rimanendo sugli aspetti puramente musicali, la cialtroneria culturale di alcuni blogger ed esperti del settore hanno prodotto perle del tipo “L’album della Lidl è il futuro della musica ambient”, scomodando artisti come Portishead o Massive Attack (che fra l'altro c'entrano poco con la musica ambient, se non per qualche influenza).
Posso capire l’eventuale intento volutamente provocatorio, ma mi sembra chiaro che in questa produzione sonora by Lidl non si possa trovare niente di minimamente musicale.
Anche gli Einstürzende Neubauten, per dire, hanno sperimentato con i rumori, ma stiamo comunque parlando di artisti e generi musicali che nulla hanno a che vedere con la registrazione ambientale di una giornata nelle corsie del discount.
Tralascerei l’analisi teorico-musicale della canzone dei sacchetti della LIDL, ma si sappia che è stata fatta anche quella, come si può scoprire guardando questo divertente video di Marco Arata (alias Mark The Hammer):
Sia chiaro: a me non dà nessun fastidio che qualcuno possa trovare interessante o piacevole ascoltare una traccia in cui un cliente del supermercato chiede se la carne sia svedese, o 30 secondi di prodotti che bippano alla cassa numero 5 (in assoluto la traccia più ascoltata dell’album).
Quello che trovo irritante è la facilità con cui tutto ciò venga descritto come un geniale, clamoroso e progettato “caso di marketing” di successo.
Cos'è il Marketing?
Ovviamente si tratta di mettersi d’accordo sulle definizioni di “marketing”. Se l’attività del marketing consistesse essenzialmente nel creare hype e “far parlare di sé”, allora l’album o le sneaker della LIDL (e in un certo modo anche i famosi post del “social media manager di Unieuro”) risponderebbero perfettamente a quella definizione.
Se invece, ad esempio, ci si riferisce al Marketing come alla progettazione coordinata e sistemica delle attività e dei processi per creare, comunicare, fornire e scambiare offerte che producano valore per i consumatori, i clienti, i partner e la società in generale*, allora faccio veramente fatica a trovare del valore nell’ascolto del rumore di un cliente impedito che per più di un minuto non riesce ad aprire un sacchetto di plastica.
Se invece, ancora, parliamo di branding (altro termine super citato in questi "casi di successo"), faccio ancora più fatica ad individuare una qualche “condivisione di valori” (Howard Schultz, ex CEO di Starbucks) o una “connessione emotiva” (John Morgan in Brand Against the Machine) tra l’azienda e gli ascoltatori di quei suoni di un supermercato qualunque.
Secondo la mia modesta opinione, aziende e marchi come LIDL (insieme a qualche brava agenzia di comunicazione) hanno capito che il trash venduto come coraggiosa avanguardia sperimentale e il gusto per la cagata pazzesca spacciata per geniale novità artistica, riescono molto spesso ad innescare quei processi di passaparola, condivisione e tam-tam social indispensabili per conquistare visibilità e per far parlare di sé; per l’appunto. Il che non mi sembra tanto una novità: “l’importante è che se ne parli” è un concetto che ritenevo definitivamente superato già da un pezzo.
Musica & Marketing: l’ennesima occasione sprecata.
Insomma, da amante della Cultura Musicale, oltre che da sostenitore del valore sociale del Marketing, quando ho sentito che un marchio della grande distribuzione aveva prodotto un album o pubblicato una playlist musicale, ero contento.
Avevo pensato a qualcosa di intelligente e di valore, come le playlist della Barilla per attendere la cottura della pasta:
Ho scoperto invece che la musica, ahimè, non c’entra nulla con tutto ciò e che, per un milione di esperti che ne sanno veramente tanto di marketing, LIDL, dopo la roba delle scarpe da ginnastica, ha creato “qualcosa di epico, anche questa volta”.
* Rielaborazione della definizione data dalla American Marketing Association
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