Riccardo Urso
Winning Time!

«Winning Time - L’ascesa della dinastia dei Lakers» non è una serie sul basket, non è una docufiction sui Los Angeles Lakers e neppure un biopic su Magic Johnson (come potrebbe far pensare la sequenza iniziale di questa prima stagione).
Non ha senso, secondo me, paragonare «Winning Time» a «The Last Dance», la bellissima serie documentario di Netflix del 2020 dedicata ai Chicago Bulls di Michael Jordan, Scottie Pippen e Dennis Rodman.
Sarà probabilmente per deformazione professionale, ma per me questa nuova serie di HBO firmata dall’immenso Adam McKay, è il racconto di un clamoroso caso di «strategic design» rappresentato con uno stile strepitoso (si vede che adoro il cinema di Adam McKay?) e interpretato alla grande da un perfetto team di giganti.
Il «designer» di questo fantastico progetto strategico è stato ovviamente il mitico Dr. Jerry Buss, imprenditore immobiliare e neoproprietario dei Los Angeles Lakers, interpretato dal bravissimo John C. Reilly.
Per la prima volta in 25 anni, Adam McKay non ha firmato una co-produzione con Will Ferrell, proprio a causa della scelta di McKay, in fase di pre-produzione, di dare a John C. Reilly il ruolo di Buss, anziché a Ferrell, tifoso sfegatato dei Lakers.
Scelta che, visto il risultato finale, si è rivelata perfetta per quel ruolo.
Gameday vs Showtime!
«Geniale» è un aggettivo usato spesso con troppa leggerezza, ma nel caso di Jerry Buss («genio e sregolatezza»), la genialità è giustamente rappresentata dall’intuizione, dalla visione alla base del suo progetto imprenditoriale raccontato in questa serie tv: trasformare una partita e un campionato di basket in uno spettacolo.
Non per niente il libro di Jeff Pearlman da cui, come ben specificato da HBO nel tentativo di pararsi il culo, è tratta questa serie, s’intitola proprio «Showtime».
«Showtime» è anche la parola pronunciata da Buss/Reilly alla fine del trailer e del quarto episodio di Winning Time, dedicato al racconto di come inizi a prendere forma l’idea dell’imprenditore in tutti gli elementi innovativi e distintivi del sistema-prodotto Lakers.
La visione strategica di Jerry Buss.
Nel secondo episodio, Jessie Buss, la madre di Jerry (interpretata da Sally Field) chiede a quali magnati dell'industria si riferisca il figlio nel comunicarle la sua intenzione di acquistare i Lakers. «Che tipo di industria? Dei calzini?» «No, dell’intrattenimento».
Oggi in Europa e soprattutto in Italia, considerare ad esempio la Champion's League non come una semplice competizione sportiva, ma come uno spettacolo, alla pari di un film di Hollywood o di concerto di una superstar della musica pop, sta diventando abbastanza normale. (Negli sport USA lo è già da un sacco di tempo).
Però anche nei precursori Stati Uniti, nei primi anni ’80, la cosa non era così scontata e l’NBA non era ancora il brand potente e miliardario di oggi, ma una lega sportiva un po' bistrattata e sull’orlo della bancarotta.
Per Jerry Buss, il «Brand Lakers» sarebbe dovuto diventare il simbolo dell’eccellenza dell’intrattenimento sportivo. Ogni elemento, ogni asset strategico di quella società , fu progettato (almeno per ciò che si vede nell’adattamento cinematografico) in modo coerente e funzionale alla visione del suo nuovo proprietario.
Quindi la scelta di puntare sul rookie Earvin Johnson Jr. e il suo magico sorriso, la scommessa sul nuovo allenatore innovativo con un sistema di gioco rivoluzionario, dinamico e aggressivo; la ristrutturazione del Forum di Inglewood; la riprogrammazione degli eventi e della strategia di marketing; la ridefinizione del ruolo e dello stile delle cheerleader capitanate e coreografate da Paula Abdul («un po' Disneyland, ma con Hollywood e un pizzico di Playboy Mansion»); i posti esclusivi sul parterre di gioco con gli abbonamenti in omaggio a Jack Nicholson e alle altre celebrità di Hollywood... tutto contribuisce a sviluppare l’idea di «showtime» del geniale Jerry Buss.
L’attenzione e la cura verso i dettagli è un elemento che mi ha ricordato un’altra figura di founder visionario, cresciuto anche lui in California: Steve Jobs.
E se Steve Jobs ha avuto l’IBM come nemesi designata, Jerry Buss ha individuato subito nei Boston Celtics dell’antico e odioso proprietario Red Auerbach, il nemico da sconfiggere, contrapponendo la sua nuova e personale definizione di «dinastia».
Quando la madre di Buss chiede di vedere in televisione la puntata di «Dynasty» invece dell’All-Star Game in cui sta giocando Magic Johnson, il figlio ribatte «è questo il nuovo Dynasty!».